Roma, 9 nov 16:01 – (Agenzia Nova) – Il parlamento di Belgrado dovrebbe ratificare quanto prima l’accordo intergovernativo di cooperazione energetica italo-serbo, ma se la Serbia intende modificare il testo del documento, mettendo mano alla lista degli impianti, l’Italia dovrà avviare necessariamente una nuova procedura di ratifica. E’ quanto emerge, secondo quanto appreso da “Nova”, dalla riunione “tecnica” avvenuta ieri a Roma tra i rappresentanti del ministero dello Sviluppo economico italiano, del ministero dell’Energia serbo e quello della Repubblica Srpska, l’entità serba in Bosnia-Erzegovina. L’accordo, siglato il 25 ottobre 2011, prevede che l’energia prodotta dalle centrali idroelettriche, realizzate da investitori italiani e serbi, sia destinata al consumo nel mercato italiano, verso il quale sarà convogliata tramite l’interconnessione elettrica tra Serbia e Montenegro e, da quest’ultimo, verso l’Italia attraverso l’elettrodotto realizzato da Terna.
Il 24 febbraio del 2012, la parte italiana ha ratificato l’accordo attraverso un decreto del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Dopo un periodo di stallo dovuto alle elezioni, il governo serbo ha approvato il documento girandolo quindi al parlamento, dove però il processo di ratifica è stato sospeso. Il motivo alla base del blocco è che la parte serba voleva “sostituire” alcuni impianti nella lista finale. L’incontro di ieri era appunto incentrato sull’elenco delle centrali. Il ministero dello Sviluppo economico, tuttavia, ha fatto presente che tali modifiche alla lista del 25 ottobre 2011 dovrebbero necessariamente portare a un nuovo processo di ratifica, come prevede il diritto internazionale. Il concetto è semplice: si può scegliere di non fare alcune centrali, ma non è possibile inserire all’ultimo momento nuovi progetti.
La politica italiana sulle energie da fonti rinnovabili, nel frattempo, è al centro di un dibattito. L’entusiasmo che accompagnava anni fa l’eolico e il solare sembra essersi affievolito. L’obiettivo del 17 per cento di consumi energetici derivanti da fonti rinnovabili fissato dall’Europa sarà raggiunto senza la necessità di importare dall’estero. Questo non significa che l’energia pulita debba essere accantonata, quanto piuttosto che l’impatto economico delle energie rinnovabili in Italia è giunto ad un livello piuttosto alto, grazie alle vecchie tariffe incentivanti. Le importazioni di energia “verde” da paesi vicini, che nel 2009 sembravano una necessità per l’Italia, oggi rappresentano comunque una grande opportunità per Belgrado. Questo fatto, riferiscono fonti serbe a “Nova”, è stato ribadito esplicitamente durante la riunione di ieri.
La Serbia, da parte sua, ha adottato l’ambizioso obiettivo (vincolante) di superare il 27 per cento di consumi energetici derivanti da fonti rinnovabili: la cooperazione con l’Italia, in questo senso, appare più che mai necessaria. La Repubblica Srpska si è invece mossa per risolvere la situazione di “impasse” ed ha espresso la volontà di attuare l’accordo con la lista degli impianti originale. Il progetto, peraltro, coinvolge anche l’altra entità della Bosnia, la Federazione croato-musulmana, dove dovrebbero essere realizzate alcune “mini-idro”, ovver centrali idroelettriche di dimensioni ridotte. Nella riunione di ieri, alla fine, tutte le parti hanno convenuto di confermare l’elenco originale del 25 ottobre 2011.
Tra gli impianti in Serbia inclusi nell’accordo figurano dieci centrali idroelettriche sul fiume Ibar, tra Raska e Kraljevo, per una potenza installata di 117 megawatt (Mw) e una produzione stimata di 480 gigawattora (Gwh) all’anno; tre impianti tra Bajina Basta e Zvornik della potenza installata di 235 Mw e una produzione di 860 Gwh all’anno; il potenziamento pari a 40 Mw dell’impianto di Bajina Basta per una produzione di 70 Gwh all’anno. Le centrali in Bosnia, invece, includono l’impianto di Mrsovo (44 Mw di potenza, 165 Gwh di produzione annua); il sistema di Vrbas (tre centrali tra Bocac e Banja Luka, 50 Mw e 215 Gwh); il sistema di Bistrica e Janjina (tre impianti sul fiume Bistrica, 33 Mw e 135 Gwh; una centrale sul fiume Janjina da 4,4 Mw e 16 Gwh); il sistema di Trebisnijica (3 centrali della potenza di 250 Mw e una produzione annuale di 480 Gwh).
Adesso la palla torna nel campo di Belgrado. Durante la visita a Roma del 5 novembre scorso, il premier serbo Ivica Dacic aveva pubblicamente affermato anche che “non ci sono difficoltà” da parte di Belgrado per quanto riguarda il processo di ratifica parlamentare dell’accordo. “Ci aspettiamo la ratifica dell’accordo sull’energia”, aveva detto Dacic. “Sono 20 anni che in Serbia si parla di energia e non si fa mai niente. E’ arrivato il momento di fare qualcosa”, aveva concluso Dacic, precisando che l’accordo nella sua interezza “non sarà toccato”.